UX & Psychology

La User Experience è per sua natura una disciplina che ibrida diverse competenze. Il rapporto con il mondo della psicologia è in questo senso un territorio ricco di stimoli e sfide affascinanti, in cui la visione qualitativa dell’utente — propria del designer — può essere arricchita da un approccio quantitativo e analitico che aiuti ad orientare meglio l’attività progettuale. Come viene gestita questa relazione in ambito accademico, progettuale e consulenziale, per portare valore al prodotto finale?

Experience Design Academy
8 min readJul 27, 2020

L’articolo è un estratto dell’evento “UX Talk: UX & Psychology”, tenutosi il 3 aprile 2020 e visibile integralmente sulla pagina Facebook della Experience Design Academy.

A gennaio 2021 il Politecnico di Milano e l’Università Cattolica del Sacro Cuore daranno il via alla prima edizione del Master in User Experience Psychology, un nuovo prodotto formativo che offre competenze per la progettazione, la prototipazione e la valutazione di esperienze centrate sulla persona, integrando prospettive di design e psicologia. Una proposta che interpreta una domanda emergente dal mercato, sulla spinta di aziende e organizzazioni a trazione innovativa.

Ce ne hanno parlato nell’evento online del 3 aprile 2020:
Andrea Gaggioli, Co-direttore Master in User Experience Psychology
Francesco Piaceri, Digital Innovation Manager @ Competence & Digital
Alessandro Sala, Lead User Experience Designer @ Studio Volpi

Moderatore:
Venanzio Arquilla, Co-direttore Master in User Experience Psychology

Il progetto dell’esperienza nella prospettiva della Psicologia

L’esperienza sta allo psicologo come la cellula al biologo. Assieme a marketing e design, la psicologia è uno strumento di studio, comprensione e progetto dell’esperienza, che può aggiungere valore all’offerta di provider di prodotti e servizi, sostiene Andrea Gaggioli, professore e ricercatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Secondo Don Norman, professore emerito di psicologia e scienze cognitive dell’Università della California e padre della disciplina della User Experience, il concetto di “interfaccia” è insufficiente a descrivere l’interazione di un utente con un sistema nelle sue molteplici sfaccettature.

“I invented the term because I thought human interface and usability were too narrow: I wanted to cover all aspects of the person’s experience with a system, including industrial design, graphics, the interface, the physical interaction, and the manual.”

Marc Hassenzahl, pioniere della UX e anche lui psicologo, afferma che la UX e i suoi principi non siano fondamentalmente diversi dal concetto di esperienza tout court. Infatti, quando ci si focalizza su un particolare medium e se ne studia l’esperienza risultante, siamo di fronte a una classe specifica dell’esperienza umana, contestualizzata nell’interazione con un dispositivo, analogico o digitale che sia.

Experiencing is the stream of feelings and thoughts we have while being conscious — a continuous commentary on the current state of affairs. — Marc Hassenzahl

Perché studiare l’esperienza? Nell’attuale economia sono le esperienze, e non più i beni o i servizi, a rappresentare il cardine dell’offerta. Starbucks Coffee ad esempio: vende davvero caffè? Nel costo del loro prodotto sono compresi il servizio, il wi-fi, un ambiente confortevole, la possibilità di rilassarsi, lavorare e interagire per tutto il tempo che si vuole. Starbucks ha de facto trasformato il momento del caffè in un’esperienza aumentata, con la medesima desiderabilità di una visita al museo.

Code per l’inaugurazione dello Starbuck a Piazza San Babila, Milano — Da un articolo de “Il Messaggero”

Economists have typically lumped experiences in with services, but experiences are a distinct economic offering, as different from services as services are from goods. Today we can identify and describe this fourth economic offering because consumers unquestionably desire experiences (…) — “Welcome to the Experience Economy”, B. J. Pine e J. H. Gilmore

L’obiettivo strategico delle imprese quindi va oltre la differenziazione del prodotto/servizio, coinvolgendo i consumatori in un’esperienza più intima, come in una rappresentazione teatrale di cui l’impresa è la regista, il consumatore lo spettatore.

Progressione del valore economico secondo Pine e Gilmore: in alto a destra il massimo del valore e della differenziazione dell’offerta: l’esperienza, che incapsula tutti gli altri elementi della catena.

La psicologia è la scienza dell’esperienza, un insieme collaudato di strumenti e metodi utili alla comprensione dell’esperienza e delle motivazioni delle persone, applicabili a:

  1. Ricerca, per capire chi sono i nostri utenti e i loro bisogni e approfondire le differenze, attraverso la definizione di personas profonde e aderenti alle caratteristiche del target di riferimento;
  2. Personalizzazione. Non esistono esperienze universali e le nostre aspettative da consumatori in termini di personalizzazione sono sempre più alte. La psicologia si rende quindi necessaria per la comprensione dei bisogni profondi delle persone, nell’ottica di servire loro esperienze personalizzate e che assecondino il loro bisogno di controllo e governo dell’over-load di informazioni tipico dell’epoca contemporanea.
  3. Valutazione. La psicologia, specialmente nelle sue branche più vicine alla neurologia e alla sociologia, fornisce metodi di indagine di tipo qualitativo e quantitativo per misurare e valutare l’esperienza in modo scientifico.
La forte personalizzazione di Netflix permette di gestire la complessità dell’offerta individuando i contenuti più adatti all’utente sulla base della sua storia di interazione con i contenuti. Approfondimenti sull’argomento qui.

Strategia e psicologia: elementi di co-design.

La ricerca fondativa è alla base di ogni progetto di User Experience che abbia come obiettivo la reale soddisfazione dei bisogni degli utenti. Non tutte le imprese ne sono però convinte e spesso si fa fatica a farne percepire il valore. Ce ne ha parlato Francesco Piaceri di Competence & Digital.

Uno dei casi studio presentati durante la Talk riguarda la progettazione di un programma di education per un cliente CPG italiano. L’obiettivo del progetto era la promozione di corretti comportamenti digitali all’interno della piattaforma aziendale, attraverso identificazione e realizzazione di un formato di contenuto multimediale, che fosse allo stesso tempo formale e coinvolgente per gli employer, e l’individuazione delle modalità di fruizione più adatte.

Il progetto è partito con una ricerca sugli utenti attraverso survey in presenza e da remoto: la UX ha investigato in quali punti del journey si registrava un crollo dell’engagement e i perché, individuando i problemi di soglia di adozione per i vari casi d’uso.

Risultati delle survey e sintesi dei pillar di progetto.

Per garantire il coinvolgimento delle persone, il progetto è stato affrontato in modalità di co-design, definendo e realizzando assieme agli utenti stessi del programma il formato, le modalità e i tempi della formazione: il risultato è stato un netto aumento dell’engagement complessivo di tutti gli employer.

La ricerca sugli utenti non sempre è ben accetta . Nel caso studio presentato la leadership dell’azienda era coinvolta e consapevole, e questo ha reso la fase di ricerca più “digeribile” ed ha contribuito a coinvolgere gli employer a tutti i livelli.

A volte però capita di trovarsi di fronte a clienti che fanno fatica a comprendere le ragioni del processo progettuale e hanno fretta di ottenere risultati misurabili. Che fosse a causa della mancanza di conoscenza rispetto alla progettazione e alle risorse coinvolte, o del linguaggio eccessivamente specialistico, ci siamo tutti trovati almeno una volta a dover difendere il metodo e a giustificare scelte apparentemente contro-intuitive. I clienti, infatti, conoscono le necessità di business, ma spesso ignorano il contesto in cui queste incontrano i loro utenti finali: in poche parole non si pongono il problema della user experience.

Per questo motivo diventa fondamentale coinvolgere la committenza a tutti i livelli decisionali, condividendo l’approccio e le fasi progettuali e individuando insieme gli obiettivi su cui lavorare.

Le principali sfide del designer per assicurarsi di avere il cliente dalla propria parte.

VR e processi di Design

Psicologia e tecnologia lavorano in sinergia per trovare applicazioni alle innovazioni tecnologiche: Alessandro Sala di Studio Volpi ci parla della Immersive UX Toolbox, un potente strumento in VR di testing con gli utenti per concept non ancora prototipati e prodotti fisici, con un altissimo grado di attendibilità dei risultati.

Come la ricerca, anche l’attività di testing viene spesso trascurata perché considerata un momento di rallentamento nello sviluppo di prodotti e servizi. Nell’ambito del prodotto industriale, poi, ai costi di gestione spesso si sommano i costi di produzione di un prototipo fisico e di riproduzione del contesto in cui avverrà l’esperienza. Per abbassare quindi la soglia di complessità e costo della fase di testing, Studio Volpi ha sfruttato il know-how interno in ambito VR creando la Immersive UX Toolbox: un framework di servizi per definire e misurare la UX di utilizzo di un prodotto, testando in realtà virtuale l’ergonomia di utilizzo di prodotti di vario tipo.

Ma l’esperienza in realtà virtuale è in qualche modo comparabile a quella in reale? Per accertare la validità della VR come strumento di testing sostitutivo, Studio Volpi ha deciso di testare il grado di comparabilità di un’esperienza virtuale con quella reale, su un campione di 120 persone, proponendo la stessa esperienza di un prodotto — una bicicletta — in un ambiente reale a metà campione e nella sua simulazione virtuale all’altra metà.

Oggetto del test: a sinistra il prodotto reale nell’ambiente reale; a destra la sua simulazione in VR.

I parametri misurati durante la validazione sono stati sia la Presenza dell’oggetto che la presenza della persona all’interno dell’esperienza.

Positive and Negative Affect Schedule https://en.wikipedia.org/wiki/Positive_and_Negative_Affect_Schedule

Confrontati i risultati delle due esperienze, l’engagement dell’esperienza simulata è risultato più alto rispetto a quella reale: alcuni utenti si sono infatti sentiti più liberi di esplorare il prodotto e di muoversi nell’ambiente. La qualità del realismo dell’oggetto è inoltre risultata sufficiente a simulare soddisfacentemente l’interazione.

I risultati del test mostrano come a parità di realismo, l’engagement di un test in VR è superiore a quello di un test in presenza.

La VR quindi risulta uno strumento consono al testing dell’esperienza, aggiungendo il tracciamento di ogni singola interazione col prodotto e ogni singolo movimento dell’utente, di validare tutta una serie di parametri sia digitali ma anche e soprattutto fisici, permettendo una valutazione oggettiva dell’esperienza e la possibilità di compararla, in seguito, con quella di altri utenti.

Esempio di tracciamento dell’interazione di un utente con un distributore automatico in VR
Vantaggi del testing in VR: 1- Tracciamento Spaziale; 2 — Tracciamento dell’intenzione; 3 — Comparazione multiutente in diverse parti del mondo; 4 — Reporting automatico

Questo approccio svela scenari futuribili a un passo da noi: testare e definire con precisione esperienze di space design, ad esempio simulando ambienti e/o oggetti molto grandi e non ancora in produzione: una ibridazione tra tecnologia e design positiva e necessaria, che segue l’evoluzione naturale della disciplina.

Conclusioni

La multidisciplinarità è ormai una caratteristica indispensabile per gli UX designer che vogliano agire nel mercato contemporaneo con un approccio innovativo e disruptive. Ricerca fondativa e Testing sono due dei momenti decisivi in cui avere un background psicologico assicura la scientificità delle osservazioni e dell’interpretazione dei risultati. Si tratta di due fasi ancora sottovalutate da molte delle aziende che si rivolgono a consulenti e progettisti della UX, ma la cui importanza decisiva nel determinare il successo di un prodotto o servizio è ampiamente confermata da chi ha già cominciato ad attuare con successo queste buone pratiche.

Per formare professionalità che sappiano dominare processi orizzontali e interdisciplinari è nato il Master in User Experience Psychology, un percorso formativo innovativo che vede unire le forze Università Cattolica del Sacro Cuore e del Politecnico di Milano, POLI.design, in partenza a gennaio 2021.

Per informazioni e candidature:
UxP Master — Cattolica
UxP Master — POLI.design

Contatti:
master.UXP@unicatt.it
xda@polidesign.net

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